giovedì 4 agosto 2011

I Ragazzi dell'85

Il 4 Agosto è il giorno dei fuochi d’artificio. Il 4 Agosto del 1985 io non avevo ancora compiuto dieci anni. Proprio quel giorno, Barack Obama ne compiva ventiquattro. E Pippo Civati ne compiva dieci. Coetanei.
Quello stesso giorno, nella nostra piccola città, si consumava la vicenda da cui tutto è cominciato. E dura da quasi trent’anni. E vorrebbe durarne una quarantina. Il 4 agosto del 1985, il consiglio comunale eleggeva il primo sindaco socialista del dopoguerra, sostenuto da una coalizione che escludeva il Partito Comunista Italiano. Forte di un enorme consenso elettorale, il PCI protestò duramente contro il tradimento dei socialisti. Lo fece con Mario Lovelli, consigliere anziano. Ma solo per numero di preferenze. E con il capogruppo, Rocchino Muliere. Il mio amico Gianni Bellasera, che anche lui compiva gli anni, era a festeggiare il compleanno altrove.
Qualcuno sorride quando parlo dei “Ragazzi dell’85”. Ma c’è poco da ridere. Anche perché, se poi passi trent’anni a discutere – magari persino a litigare, qualche volta – sempre nella stessa compagnia, finisce che ti ritrovi a parlare la stessa lingua. Lessico famigliare. Quello che c’è in ogni famiglia. Appunto. Che parlano tutti, anche quando si stanno sulle balle.
Questa è la mia sensazione leggendo l’amico Daniele Borioli che parla delle primarie nel capoluogo. Parla di quelle, dunque non ce l’ha con me. E menomale. Ma lo preciso, che sennò poi dicono che ho la “sindrome da assedio”.
“La politica si fa con le idee, e con le proposte, e non con la carta d’identità”. Questa l’ho già sentita. E “i giovani in fin dei conti hanno sempre lo spazio che si meritano, ossia che sanno conquistarsi con il confronto politico, anche duro quando serve”.  Ecco bene. Resta qualche dettaglio trascurabile. Tipo fare il confronto duro con chi di politica vive, se hai qualche altra cosa da fare durante il giorno. Ma, appunto, son dettagli.
A proposito di idee. Quelle che mancano ai giovani. Lo scorso anno, quando mettevamo in ordine i conti del Comune con qualche scelta un po’ drastica, mi spiegavano che non era il momento di essere rigorosi e impopolari. Che c’erano le elezioni regionali. Qualche mese fa, quando per tenere in ordine i conti del Comune abbiamo tagliato una milionata di spese, mi spiegavano che ad Alessandria facevano il contrario. E la gente avrebbe visto che loro facevano. E noi no. E che il rigore va bene, ma pure il consenso… il primato della politica, che diamine!
Queste sono le mie idee. Per un confronto politico, anche duro quando serve. Magari coi nostri avversari. Ad esempio, se qualcuno ne avesse voglia, potremmo raccontare come gestiscono i soldi pubblici i nostri giovani amministratori. Finché ci sono. E come lo fanno gli altri, che son più bravi. E io nemmeno insegno all’università. Uff.

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