venerdì 18 gennaio 2013

La Patrimoniale

Lo diciamo da un pezzo che, essendoci l’IMU, non ha senso proporre una “tassa patrimoniale”. Semplicemente, perché l’IMU È la patrimoniale. Il fatto che oggi Pierluigi Bersani lo precisi e posizioni il Pd su questa linea è un’ottima notizia. Non solo per la soddisfazione di chi questa cosa la pensa e la spiega da molti mesi, ma per le conseguenze politiche – e  si spera elettorali – che può avere questa posizione.
L’ipotesi di introdurre nel nostro ordinamento una tassa sui “grandi” patrimoni è stata fonte di giganteschi equivoci e di qualche furberia. La patrimoniale è diventata, ad un tempo, bandiera ideologica e foglia di fico di una politica priva del necessario senso di responsabilità rispetto alla gravità del momento che stiamo vivendo.
Bandiera ideologica, perché la proposta di tassare il patrimonio dei “ricchi” ha esaltato l’idea che obiettivo di una politica socialmente equa, di sinistra, sia quello di impoverire chi sta bene, anziché di arricchire chi sta male: piangano i ricchi, in una logica di vendetta sociale che non convince più nessuno. Neppure i poveri.
Foglia di fico, perché il mito della “patrimoniale” ha alimentato la tradizionale idea che “i soldi ci sono, basta andare a prenderli dove stanno”… che si chiami patrimoniale, lotta all’evasione fiscale, contributo di solidarietà sui redditi più alti, il cardine di questa impostazione è che non serva contenere la spesa pubblica, ridurre l’indebitamento e per questa via limitare la pressione fiscale rilanciando i consumi e l’economia. I soldi ci sono, bisogna andare a prenderli: se lo faremo, potremo riprendere le vecchie abitudini di spesa pubblica. Anche questa idea, nel Paese con la pressione fiscale più alta d’Europa, non convince più nessuno. Soprattutto chi lavora e le tasse deve pagarle, tutte.
E insomma, a parte i dibattiti ideologici e le loro caricature, esiste qui e ora una questione che riguarda il merito delle scelte di governo e il consenso che ci serve raccogliere per vincere. Perché nessuno ha paura dei “comunisti” e nessuno voterà il centro-destra per questa paura. Ma qualche elettore – moderato, indeciso… chiamatelo come vi pare – ha il timore che la sinistra al Governo scelga la strada di aumentare ancora le tasse, per mantenere invariata la spesa pubblica.
Quindi, la posizione espressa da Bersani ci aiuta un sacco a prendere voti. Non perché strizzi l’occhio “ai ricchi” o costruisca una mediazione con un pezzo di Partito più sensibile alle richieste “dei ricchi”. Ma perché offre l’immagine di un Pd che, al comodo recinto di un’ideologia in forma di caricatura e di troppe convenienze particolari, preferisce la concretezza di un linguaggio, innanzi tutto, di verità. Perché se vuoi riequilibrare la pressione fiscale, ridurla complessivamente e non scegli la scorciatoia mitica della "patrimoniale", vuol dire che ti poni il problema di ridurre la spesa pubblica. Che - con o senza agende - è l'unico modo per curare il malato, senza ammazzarlo.
Se c’è una possibilità di vincere – alla Camera, al Senato, nelle Regioni, in terra, in cielo e in mare… – essa non si trova nel fortino dell’appartenenza e dell’identità, ma nella capacità di rappresentare e attrarre anche chi non ci ha votato prima. Lo andiamo dicendo da mesi: oggi che gli avversari tornano pericolosi, va a finire che lo capiscono tutti.
E tutti ma proprio tutti speriamo capiscano che non si tratta di dare un pezzetto di ragione a chi ha “perso” le primarie (che peraltro avrebbe senso, ma non so a quanti, là fuori, interessi...), ma di fare quello che serve per essere credibili e convincenti. E poi governare. O no?

in viaggio con Manubrio