venerdì 28 settembre 2012

Contenuti. E sviluppo

Ieri sera, il Consiglio Comunale di Novi Ligure ha approvato una modifica ai regolamenti che renderà più facile aprire un'edicola e fare un po' di altre cose a chi ha voglia di provarci. Senza aspettare la consueta trafila delle interpretazioni e dei conflitti di competenze tra Stato e regioni, si è aperto subito la porta alla ventata di aria fresca del decreto sulle liberalizzazioni. 

Ha fatto bene l'assessore al commercio Paolo Parodi a presentare subito questa proposta, che completa un lavoro: quello che ci ha fatto stanziare soldi per aiutare chi vuole aprire una nuova attività. E che ci ha fatto abbassare di molto la tassa rifiuti per le nuove imprese, specie se aperte da giovani.

E insomma, si possono fare delle cose per rimettere in moto lo sviluppo. Si possono fare cose che non costano nulla. E ce ne sono molte. 

Se ne possono fare altre che costano qualcosa, se prima hai tenuto in ordine i conti, se non hai sprecato, se hai gestito entrate e spese senza rinviare i problemi al futuro.

Nel nostro piccolo, lo abbiamo fatto. E abbiamo anche fatto una mini-riforma fiscale che sposta il peso da chi ha meno a chi ha di più, riducendo l'Irpef a quasi tutti e l'Imu sulle prima case. Tra l'altro, a me sembra una cosa di sinistra. Ma spero nessuno se la prenderà se piace anche a qualcuno che non è di sinistra.

E vabbé, per gli amanti del genere, qualora ce ne fosse qualcuno, qui di seguito quello che ho detto ieri al Consiglio Comunale:


Quando discutevamo del Bilancio Consuntivo 2011, abbiamo detto che quest’anno il riequilibrio di fine settembre sarebbe stato, di fatto, un nuovo bilancio di previsione. L’incertezza del quadro normativo, insieme alla sua rapida e talvolta contraddittoria evoluzione, ha prodotto una situazione molto complessa e delicata, trasformando i bilanci locali in una sorta di continuo work in progress. Il fatto che, con successivi spostamenti, il termine ultimo per l’approvazione dei bilanci dei comuni sia slittato addirittura al 31 Ottobre è la conferma più evidente di questa situazione di incertezza. Nella quale ci siamo mossi e dobbiamo muoverci cercando di mettere qualche punto fermo.

Il primo punto fermo che abbiamo voluto mettere, ormai diversi mesi fa, è stato l’approvazione del bilancio di previsione. Siamo convinti, infatti, che l’attività di un comune non possa essere affidata ad un prolungato e incerto “esercizio provvisorio” in assenza di un chiaro indirizzo finanziario annuale. Troppi sarebbero i pericoli. Da un lato, il rischio di bloccare l’attività amministrativa, blindandola in una gestione corrente priva di prospettive. Dall’altro, quello non meno insidioso di far correre la macchina senza aver prima deciso la strada da percorrere, con la concreta possibilità di ritrovarci senza benzina a metà del percorso. O peggio, avendo utilizzato il carburante per spese e iniziative non prioritarie, trovandoci senza quando le priorità vere effettivamente si presentino.

Come abbiamo visto già nelle settimane che hanno preceduto l’approvazione del bilancio di previsione, la decisione di non seguire il piano inclinato dei successivi rinvii, ma di scegliere subito, ci ha esposto al rischio di dover qualche volta ritornare sulle nostre scelte. Un rischio tuttavia calcolato, se non altro perché i margini di manovra finanziari e la buona condizione dei nostri conti ci hanno consentito di decidere una linea di politica finanziaria che resta valida anche in presenza di evoluzioni normative negative per il nostro bilancio. Quando abbiamo approvato il bilancio di previsione, abbiamo dichiarato una certa preoccupazione per gli effetti finanziari che avrebbe potuto avere la dinamica tra il gettito IMU effettivo e stimato ed i correlati ulteriori tagli ai trasferimenti statali. Il bilancio di esercizio era costruito sulla base delle informazioni disponibili in quel momento e delle più autorevoli interpretazioni disponibili per le leggi in vigore. Sappiamo però che, se le leggi cambiano spesso, ancor maggiore è il ritmo al quale si succedono – spesso contraddicendosi – le interpretazioni che delle norme vengono date. Un fenomeno, questo delle leggi “da interpretare” tipicamente italiano e che credo incida – molto più di altri, più famosi e discussi problemi – sulla nostra complessiva capacità di attirare investimenti dall’estero e di essere credibili come sistema-Paese. Questo fenomeno incide in misura significativa, come vedremo tra poco, anche sul nostro bilancio e sugli effetti che esso avrà nelle tasche dei cittadini novesi.

Nel mese di Luglio abbiamo evidenziato il probabile punto di caduta rispetto alla dinamica del gettito atteso da IMU e al connesso taglio dei trasferimenti statali. Come abbiamo visto, la capacità previsionale dei nostri uffici si è rivelata ottima e superiore, come pensavamo, a quella dello Stato. Sulla base del gettito effettivo della prima rata IMU, prevedevamo l’assestarsi dei trasferimenti statali ad un livello – circa tre milioni di euro – che è poi stato confermato nelle settimane successive, con le comunicazioni ufficiali del Ministero. Come detto in quella sede, il risultato complessivo ci consegna un ammanco di risorse nell’ordine dei 400-500.000 euro per il 2012, ridotto rispetto al taglio totale dei trasferimenti di oltre un milione, grazie all’aggiustamento che abbiamo apportato alla manovra sull’addizionale Irpef quando abbiamo approvato il bilancio di previsione.

Nelle stesse settimane, la cosiddetta “spending review” ha aggiunto un elemento ulteriore di complessità e di preoccupazione per la quadratura dei nostri conti. Il taglio contenuto nella manovra vale infatti poco meno di 300.000 euro nel 2012 e raggiungerà il milione di euro il prossimo anno. Ci troviamo dunque nella condizione di dover rivedere le nostre previsioni, tenendo conto di minori risorse per diverse centinaia di migliaia di euro. L’ipotesi di affrontare il problema sul lato della spesa appare sostanzialmente impraticabile, soprattutto se si immagini di perseguirla in corso d’anno, quando la maggior parte delle spese obbligatorie o discrezionali è già stata impegnata. Su questa ipotesi e sulla sua praticabilità in un’ottica di medio periodo tornerò comunque tra poco. Per ora è utile invece concentrare la nostra attenzione sulle variabili effettivamente a disposizione e sul tentativo – che io ritengo riuscito, ma che spetta al Consiglio Comunale valutare – di confermare, pur in un quadro tanto profondamente mutato, gli indirizzi politici di fondo sui quali abbiamo costruito le scelte di bilancio all’inizio di quest’anno.

L’elemento cardine di politica fiscale che sostiene l’impalcatura del bilancio 2012 è rappresentato dalla ricerca di un riequilibrio della pressione fiscale locale a favore dei redditi da lavoro e delle fasce più deboli e intermedie della popolazione. Sulla base del presupposto che restituire capacità di spesa alle famiglie più povere e al ceto medio sia l’unica strada percorribile per rilanciare i consumi e sostenere l’economia locale, abbiamo impostato la nostra manovra fiscale utilizzando tutte le leve a nostra disposizione. Abbiamo dunque deciso di ridurre in misura significativa l’addizionale Irpef per i redditi medi e bassi, alzandola solo per quelli più alti. Abbiamo introdotto una serie di agevolazioni sull’IMU, a partire da un’aliquota agevolata sull’abitazione principale. Abbiamo finanziato questi sgravi fiscali e il gap determinato dal taglio dei trasferimenti con un’imposizione più elevata sugli immobili diversi dalle abitazioni principali. Insomma, una sorta di “patrimoniale” il cui gettito viene destinato a ridurre le tasse di chi percepisce un reddito da lavoro o da pensione e di chi possiede la sola casa in cui abita con la propria famiglia.

L’impostazione che, direi naturalmente nel mutato quadro normativo e finanziario, deriva dagli indirizzi politici contenuti nel bilancio di previsione e informa questa manovra di riequilibrio, è dunque innanzi tutto quella di mantenere – per quanto possibile – gli sgravi e le agevolazioni fiscali introdotti a inizio anno. Mantenere quindi il profilo di equità e di riequilibrio del prelievo sull’addizionale Irpef e confermare l’aliquota agevolata per l’IMU prima casa, insieme alle altre riduzioni già decise. La spiacevole, ma inevitabile conseguenza è la necessità di un ulteriore, per quanto limitato aggravio del prelievo sugli altri patrimoni immobiliari. Con l’aliquota al 10,6 per mille – un punto in più rispetto a quanto previsto nella prima versione del bilancio – possiamo far fronte alle novità di questi mesi, senza incidere negativamente sul resto della manovra e garantendo il mantenimento degli equilibri di bilancio.

Non dipende invece da noi – ma da un’interpretazione ministeriale della norma, che noi riteniamo piuttosto discutibile, oltre che lesiva della nostra autonomia finanziaria – l’aggiustamento che dobbiamo apportare alla manovra sull’addizionale Irpef. Come ricorderete, sulla scorta di quanto recentemente consentito dalla legge, abbiamo deciso di sostituire l’aliquota addizionale unica del 5 per mille, con un sistema per fasce di reddito. In questo modo, abbiamo potuto introdurre una fascia di esenzione totale, prevedendo una contribuzione crescente in base al reddito complessivo dei singoli contribuenti. Così facendo, si opera un forte spostamento del carico fiscale dai redditi bassi e medi verso chi gode di un più elevato livello di introiti personali. Solo chi ha un reddito annuo lordo superiore ai 75.000 euro avrebbe pagato l’8 per mille su tutto il suo reddito. E vale la pena ricordare qui che molti, moltissimi comuni hanno semplicemente applicato da quest’anno l’aliquota dell’8 per mille a tutti i redditi. Quello, l’aumento indifferenziato e incondizionato del prelievo sino ai massimi consentiti dalla legge è il mainstream, l’andazzo generale e più in voga. Su di esso si sono tarati i commenti degli analisti e – mi pare di capire – anche la prassi interpretativa del Ministero. Evidentemente, scelte e comportamenti non allineati a questo andazzo contengono elementi di eccentricità eccessivi per la tolleranza e l’apertura mentale delle burocrazie ministeriali. Ne deriva infatti che il Ministero ci ha intimato di rivedere la nostra manovra, decidendo che l’applicazione di aliquote differenziate per fasce di reddito non è legittima e che tale applicazione deve essere invece fatta per scaglioni di reddito. Chi vi parla non ha le competenze giuridiche necessarie per valutare la correttezza dell’interpretazione ministeriale. Per dirla tutta, non ne ho nemmeno molta voglia. Mi limito ad osservare che – mentre molti comuni e province faticano a far quadrare i conti, anche aumentando al massimo tutte le tasse e imposte locali – la pressione della burocrazia centrale si concentra su di noi, con argomentazioni cavillose di cui non si comprende l’utilità, soprattutto se si consideri che l’interpretazione in un senso o nell’altro della norma sull’addizionale Irpef non ha alcun effetto sul bilancio dello Stato. Ma solo, per tramite del bilancio comunale, sulle tasche dei cittadini. Il risultato – e questo è ciò che mi preme – sarà uno spostamento del peso, a parità di gettito, dai redditi più alti a quelli più bassi. Siamo costretti a togliere ai poveri per dare ai ricchi. Anche se – con il sistema di aliquote per scaglioni che proponiamo oggi al Consiglio Comunale – riusciamo comunque a mantenere un importante profilo di redistribuzione del carico fiscale rispetto agli anni precedenti. Avremmo voluto –  e potuto – fare di più e di meglio. Ci viene impedito. Forse avremmo dovuto fare come gli altri: aumentare indistintamente il prelievo, affidando magari ad una maggiore spesa pubblica il compito di ridistribuire tra chi ha meno e chi ha di più: quello che in Italia si fa da molti anni, con risultati che preferirei non commentare. Comunque, a proposito delle modalità di applicazione dell’addizionale Irpef comunale, sottoponiamo all’attenzione del Consiglio Comunale un documento di indirizzo politico, che proponiamo di trasmettere al Ministero e ai parlamentari della zona, con l’obiettivo di ottenere un’interpretazione della norma – ovvero, se necessario, una sua modifica – che ci consenta di ripristinare la manovra inizialmente prevista a partire dal 2013.

Il resto della manovra di riequilibrio si fonda sull’ormai consolidata prassi di contenere la spesa, evitando di spostare nel futuro i problemi. Semmai, laddove possibile, cercando di anticiparli e di risolverli prima, anziché dopo. Si tratta di una novità assoluta, che abbiamo iniziato ad introdurre lo scorso anno e che trova un ulteriore sviluppo proprio nelle scelte contenute in questo riequilibrio.

Partiamo intanto dalle maggiori risorse disponibili. Esse derivano, per 470.000 euro, da una restituzione di contributi ai comuni da parte del Consorzio dei Servizi alla Persona. Non si tratta di un taglio alla spesa sociale, né tagli sono stati le riduzioni dei contributi annuali inserite negli ultimi due bilanci di previsione. Semmai, la maggiore entrata che registriamo oggi, derivante da un avanzo importante emerso nel bilancio del consorzio, è la più chiara ed emblematica dimostrazione del fatto che – come ho più volte ripetuto – non stavamo tagliando la spesa sociale, ma ottimizzando l’allocazione delle risorse disponibili all’interno del Gruppo Comune in un periodo nel quale le difficoltà finanziarie generali lo imponevano. Questo stock di risorse aggiuntive una tantum può essere destinato ad alcune azioni altrettanto straordinarie e non ripetibili, capaci di dare solidità ai nostri conti, affrontare questioni aperte, alleggerire la pressione finanziaria che grava – in conseguenza dei nuovi tagli della “spending review” – sui prossimi esercizi. Quindi, come dicevo poco fa: anticipare i problemi, affrontarli per tempo, non rinviare, creare condizioni che rendano più agevole la programmazione finanziaria per i prossimi anni. Qualcosa di nuovo. Qualcosa di giusto.

Una parte delle risorse disponibili sarà destinata alla copertura della tranche 2012 di copertura del disavanzo di amministrazione 2011, derivante dalla straordinaria azione di ripulitura del bilancio effettuata in sede di consuntivo. Una parte viene destinata a coprire i prevedibili minori introiti dell’attività di recupero dell’evasione fiscale. Questa riduzione è strettamente legata a fattori di natura straordinaria intervenuti nel corso di quest’anno, che hanno impegnato l’Ufficio Tributi su altri, delicati, versanti. L’introduzione dell’IMU, con tutti gli elementi di incertezza e di confusione che l’hanno accompagnata, l’avvio della riscossione diretta dei tributi locali, la nuova tassa rifiuti che entrerà in vigore dal 2013, sono attività che hanno impegnato in misura significativa il tempo e le energie dell’ufficio, con riflessi negativi sulla possibilità di dedicarsi alle attività di recupero. Infine, portiamo a conclusione il lavoro di riallineamento del sistema di coperture assicurative alle nuove esigenze dell’ente, con una spesa aggiuntiva di circa 100.000 euro.

 Con una seconda quota di risorse disponibili, portiamo a conclusione la partita degli interest rate swap sui nostri mutui a tasso fisso. Questo tema, che altrove è stato oggetto anche di clamorose vicende giudiziarie, è da tempo alla nostra attenzione ed è stato più volte sollevato, con comprensibile preoccupazione, da diversi consiglieri comunali. Come noto, ormai da alcuni esercizi stiamo accantonando le risorse necessarie a rimborsare le quote di capitale anticipate nei primi anni di vita dell’operazione, oltre a fondi utili a coprire il rischio – peraltro limitato dalle caratteristiche tecniche del contratto – derivante da un possibile andamento negativo dei tassi di interesse di mercato. Come abbiamo detto più volte, quelle risorse accantonate possono essere utilizzate anche – laddove se ne presenti l’opportunità e la convenienza – per finanziare una chiusura anticipata del contratto in essere, azzerando ad un tempo i rischi per il futuro e gli oneri da rimborso del capitale. Questa occasione pare presentarsi proprio in queste settimane, poiché il valore di mercato del contratto ha raggiunto un livello minimo. Quello che si propone è dunque di anticipare al 2012 la quota di accantonamento prevista per il 2013, costituendo subito lo stock di risorse necessario a finanziare la chiusura anticipata del contratto. Questa scelta, oltre che convenirci, apre prospettive interessanti per il prossimo anno, che sarà sgravato da un onere di circa 250.000 euro. Risorse che potranno essere utilizzate per contenere gli effetti potenzialmente gravi dei crescenti tagli decisi con la “spending review”.

A questo proposito, dicevamo poco fa che nel 2013 dovremo affrontare un problema che – a parità di altre condizioni – varrà intorno ai 700.000 euro. Questo taglio potrà essere coperto in parte – diciamo intorno ai 200-250.000 euro – con le maggiori entrate ripetitive garantite dalla manovra sull’IMU che oggi proponiamo al Consiglio Comunale. La chiusura anticipata del contratto di interest rate swap garantirà la già evidenziata minore spesa. Resteranno da coprire altri 200-250.000 euro:  su questo dovremo certamente tornare in vista del bilancio di previsione 2013. Dobbiamo tuttavia fare, sin da ora, una riflessione più generale che parta dalla storia più recente, dalle nostre scelte e dalle prospettive finanziarie dei prossimi anni. Veniamo da un periodo nel quale le risorse disponibili per il bilancio annuale si sono ridotte – per decisioni non nostre, anche se probabilmente obbligate dal contesto internazionale – al ritmo di un milione di euro all’anno. Noi abbiamo lavorato assiduamente al contenimento della spesa corrente, riuscendo a realizzare un risanamento dei conti del Comune che ha richiesto uno sforzo ulteriore rispetto a quanto già imposto dai tagli. Abbiamo sostanzialmente azzerato le spese discrezionali, abbiamo riorganizzato i rapporti finanziari all’interno del Gruppo Comune, abbiamo ridotto l’indebitamento dell’ente, abbiamo abbandonato milioni di crediti inesigibili, con soluzioni molto più radicali ed efficaci rispetto a quelle che oggi la legge impone – mi riferisco alla parziale svalutazione dei crediti più vecchi di cinque anni, che noi abbiamo invece cancellato del tutto dal bilancio – e che pare stiano mettendo in allarme molti nostri colleghi amministratori. Abbiamo detto e ripetuto che la politica del rigore e del risparmio è e deve restare il nostro faro per i prossimi anni, perché alle vacche magre non seguirà un nuovo periodo di vacche grasse: il mondo è cambiato e non tornerà mai più quello di prima. È meglio farsene una ragione, piuttosto che recriminare su “tempi andati” la cui presunta bellezza è peraltro alla base delle difficoltà dell’oggi e del domani.

Chiarito e ribadito tutto questo, va pure ricordato come l’ipotesi di poter risolvere problemi finanziari da milioni di euro, nel breve periodo, sul lato della spesa incontri oggi ostacoli sostanzialmente insormontabili. È bene essere chiari su questo punto: non c’è spazio, nel nostro bilancio, per tagli strutturali da milioni di euro, a meno di non voler intervenire sul personale dipendente, riducendolo. Ma questa eventualità non viene presa in considerazione neppure negli enti locali che sono al dissesto o rischiano di arrivarci rapidamente: a prescindere da ogni considerazione di carattere sociale, se la prendessimo anche solo in considerazione noi – col bilancio che abbiamo – sarebbe una scelta tanto incomprensibile quanto poco credibile. Dovremo quindi ingegnarci per individuare altre azioni – credibili e concrete – per contenere la spesa totale. Ad una almeno ho già fatto cenno. Il resto sarà oggetto centrale della discussione sul bilancio di previsione per il 2013.

sabato 22 settembre 2012

Contenuti e tacco dodici

Ci vogliono i contenuti. Che altrimenti non si capisce niente e conta solo l'immagine. Proviamo, dai.
Ieri abbiamo presentato in commissione - a Novi Ligure - il riequilibrio di bilancio. Ci sono i tagli, c'è l'IMU che a Roma non sanno quanto vale, c'è la spending review. Scherzetti che valgono meno 700mila quest'anno e meno un milione e mezzo dal prossimo.
Non ho gridato contro "i tagli" e non lo farò, per diverse ragioni. Ma per una in particolare: perché a Novi Ligure, nonostante tutto, facciamo politica. E scelte - 'sti benedetti contenuti - che ora vi racconto.
Abbiamo preso l'addizionale Irpef, che prima era al 5 per mille per tutti, e l'abbiamo cambiata. Così chi guadagna di più, paga un po' di più. E chi ha un reddito basso, ma anche chi ce l'ha medio, paga di meno. Così, per dire, alla pensionata o al precario con mille euro lordi al mese, diamo indietro 65 euro. Potevamo fare di più, ma pare che la legge non lo permetta.
E abbiamo ridotto l'Imu sulle prime case (3,8 per mille), riducendola anche agli agricoltori, a chi presta la casa a un parente, a chi la affitta a canone agevolato e pagherà la metà di chi lo fa a canone di mercato...
Abbiamo finanziato questa roba con l'Imu sugli altri immobili, innanzi tutto perché quella non ci serviva a tappare qualche buco. Tu chiamala, se vuoi, Patrimoniale.
Se riesci a fare una cosa del genere coi tempi che corrono, devi averci lavorato su per un bel po'. In effetti, qui i soldi proviamo a non sprecarli. I nostri - giovani, troppo giovani - amministratori, piuttosto di andar dietro alla solfa che mancano i soldi e ce ne vorrebbero di più, se li fanno bastare. E fanno le stesse cose, con meno.
Ora, non che si pretenda un telegramma di felicitazioni da Stefano Fassina. Ma insomma...
Negli ultimi giorni la mia bacheca di Facebook è assai affollata. Dirigenti del Pd che parlano di molte cose: albi di elettori, baci perugina, infiltrati su tacco dodici... E va già bene che mi hanno risparmiato la coca zero.
In effetti, bisogna parlare di contenuti. Spiegare che noi siamo meglio degli altri e perché. Questo - mica altro - preoccupa il Cremlino.

giovedì 6 settembre 2012

Lessico famigliare 2.0


Renzi è sostenuto da chi non ci vuole al governo (Massimo D’Alema)
Renzi deve prima dimettersi da sindaco se vuole candidarsi alle primarie (Beppe Fioroni)
Renzi è un juke box di banalità (Niki Vendola)
Renzi vuol fare implodere il Pd (Giorgio Merlo)
Renzi è inadatto a guidare l’Italia (Massimo D’Alema, direttore di The Economist)
Le primarie dove ognuno, pagando un euro, può votare sono demenziali (Franco Marini)
Renzi ha una condotta auto-corrosiva, perché se vince le primarie non può candidarsi al Parlamento (Lucio D’Ubaldo)
Renzi ricorda i paninari (Matteo Orfini)
Hanno bussato alla porta , non c’era nessuno. Era Matteo Renzi (Beppe Grillo)
Se dichiaro che non mi candido in Parlamento, Renzi si ritira? (Rosy Bindi)
Renzi è un ex portaborse, diventato sindaco per caso (Stefano Fassina)
Se Renzi vince le primarie si spacca il Pd (Pierferdinando Casini)
Da Renzi solo fuffa e aria fritta (Andrea Barducci)
Renzi ha litigato con tutti (Massimo D’Alema)
Lei se lo vede D’Alema candidato in un partito guidato da Renzi? (Pierferdinando Casini)
Renzi non sa nemmeno fare il sindaco (Rosy Bindi)
Renzi risolva i problemi del traffico (Beppe Fioroni)
Renzi ripete a pappagallo alcune ricette della destra (Stefano Fassina)
Renzi rispetti le regole (Franco Marini)
Renzi? Parliamo d’altro (Pier Luigi Bersani)

Meanwhile in Charlotte (NC), Bill Clinton tira la volata a quello che gli ha rottamato la moglie. Per dire.

lunedì 3 settembre 2012

Think again

Dicono che ieri Matteo Renzi abbia fatto il botto alla Festa Nazionale del Pd di Reggio Emilia. Pare che persino i militanti “duri e puri” dell’Emilia profonda e supposta bersaniana abbiano applaudito. Io me lo aspettavo. Per questo, credo ci sarà da divertirsi, con le primarie: questa idea bislacca e maleducata che l’attuale leadership del Pd abbia fatto il suo tempo, mi sono accorto da tempo non essere così lontana dal sentire diffuso dei “nostri”. Vedremo.

Invece, stamattina mi è capitato di leggere questo articolo. Parla di Renzi e del suo lavoro da sindaco di Firenze. E lo fa con numeri alla mano, dipingendo il nostro come un amministratore non troppo capace. Quando si parla di numeri e di bilanci – quante volte l’ho già scritto… – molti pensano si tratti di questioni astrusamente tecniche. Così si fermano all’impressione. E gli puoi raccontare quello che ti pare. Anche, ad esempio, che Renzi non sa fare il sindaco. Come dice Rosy Bindi. E altri con lei, senza mai spiegare il perché e il per come.

L’articolo tratta delle molte società controllate e partecipate dalla città di Firenze. Non mi addentrerò in meandri che una politica miope e interessata – immagino anche a Firenze, come altrove – ha costruito nei decenni, creando scatole e scatolette cinesi in cui diventa impossibile districarsi. Mi limiterò a notare che quello sfracello di società non l’ha inventato Matteo Renzi, che invece propone oggi di privatizzarne qualcuna. Lo fa contro resistenze forti e sempre bene organizzate. Nelle quali le nostre vecchie guardie politiche, “manageriali” e sindacali temo svolgano, anche lì, un ruolo chiave. Per dire un’esperienza personale, gente che se una farmacia comunale guadagna 10.000 euro all’anno non devi mica venderla, che rende. Fin qui, bravo Renzi.

Ci sono poi le spese correnti. Ridotte da 490 a 486 milioni di euro in qualche anno. Qualcuno dirà che è meno dell’1%, ma dovrebbe prima considerare che i costi – per stipendi, utenze, beni, servizi… – aumentano da soli nel tempo. A meno che non si intervenga per farli, invece, scendere. È chiaro che per una generazione di amministratori abituata a pensare che gli avanzi di bilancio siano bestemmie, cresciuta con l’idea di dover spendere tutti i soldi che ci sono – e magari anche quelli che non ci sono – uno che le spese le taglia davvero deve apparire insopportabilmente di destra. E poi ha pure ridotto l’addizionale Irpef: l’unica grande città italiana a farlo nel 2012. Come Novi, che però è piccolina. Fin qui, ancora bravo Renzi.

Ancora, la città di Firenze ha provato a vendere qualche immobile, ma non sempre ci è riuscita. Mica uno scherzo, con questi chiari di Luna. L’amministrazione di Matteo Renzi ha incassato 24 milioni nel 2011 e ne prevede 125 milioni in tre anni. Può darsi che non tutto trovi un acquirente, cosa che costringerà a rinviare qualche opera pubblica in programma. Vi sembra un così grave problema? Beh, vi svelo un segreto: c’è la fila degli amministratori che problemi come questo vorrebbe averne. E invece devono fare i conti con buchi veri, sulle entrate correnti. Altro che balle. Fin qui, ancora bravo Renzi.

Infine, i mutui. I comuni possono farli solo per pagarci opere pubbliche durature e solo se le spese annuali per rimborsarli non superano il 4% delle entrate correnti totali. Durante il mandato di Matteo Renzi, lo stock di debito sarebbe cresciuto di 90 milioni, in parte destinati alla nuova tramvia. La critica è che in un paio d’anni sarà raggiunto il tetto del 4% e non si potranno più fare altri mutui. Ora, poiché dove il bilancio lo faccio io, il debito totale lo abbiamo ridotto del 20%, potrei anche dire che non va bene. Ma direi una stupidaggine. Intanto perché, se fai un mutuo per finanziare un’opera importante per riorganizzare la circolazione in una grande città d’arte, probabilmente hai fatto il tuo dovere. Poi perché molti comuni sono già da tempo oltre la fatidica soglia del 4%, per scelte di indebitamento accumulate negli anni e nei decenni. Tralasciando quelli che sotto il peso degli interessi rischiano di rimanerci schiantati – e non sono pochi – quelli che hanno ancora qualche margine per indebitarsi sono assai pochi. Per dire, alla fine dello scorso anno, in molti mi consigliavano di “fare tutti i mutui che puoi entro fine anno, perché dal prossimo anno entra in vigore il nuovo tetto e non si può più”. Ecco, forse in molti posti da quest’anno non si può più. Ma si può a Novi Ligure. E si può a Firenze. Fin qui – e siamo in fondo – bravo Renzi.

Poi magari – a voler parlare di capacità, di buon governo e di gestione seria dei bilanci pubblici – potremmo allargare lo sguardo. Nello spazio e nel tempo. Chi ne avesse voglia, potrebbe raccontare qualcosa su come stanno e sono state gestite le finanze di città come Roma o Torino, come ci si è indebitati e perché, quando e sotto quali governi.

Se ne abbiamo voglia – nelle pause tra un esame del sangue e l’altro a Matteo Renzi – facciamo un giro tra i nostri amministratori della generazione precedente e vediamo quanti ne troviamo più capaci - e intenzionati - a gestire in modo oculato e lungimirante il loro pezzo di finanza pubblica. Sennò va a finire che il debito pubblico lo abbiamo fatto noi, che a metà degli anni ’80 facevamo la quinta elementare.

In fin dei conti, a parlar di soldi, fai venire fuori la verità. E forse, se non altro per carità di Patria, è meglio lasciar perdere. Diciamo solo una cosa, per concludere, a chi pensa di far fuori quel signore dandogli dell’incapace e del cattivo amministratore, senza prima guardarsi attorno: Think again, please.

sabato 1 settembre 2012

Ci voleva Casini


Ci voleva Pierferdinando Casini. Uno che ti arriva “qui”, o meglio lì... vabbé alla Festa Nazionale del Pd di Reggio nell'Emilia, come ospite d'onore. E ti fa la figura di quegli amici un po' fracassoni che non sanno né parlare né tacere. E ti rovinano la cena. 
Per dire, uno che entra e si mette a far battute sul cugino eccentrico: “Mi preoccuperei se volesse rapporti più stretti con me...” e dà di gomito allo zio, chiedendosi perché nessuno rida. 
Uno che, mentre il nonno bofonchia qualcosa di incomprensibile, si mette a raccontare di quando lui, il nonno, gli ha parlato male dei nipoti. Che sono scemi e c'è da vergognarsi a mandarli in giro. “E ve lo vedete voi D'Alema che sostiene Renzi, se quello vince le primarie?”. Che io dico, c'è sempre di peggio, tipo vederlo fare il ministro degli esteri.
Sembra il pranzo in campagna nel Sorpasso. Che però lì, a dire sconcezze e verità scomode, c'era Gassman, non il portaborse di Forlani, ex gemello diverso di Mastella e... e il resto del curriculum lo ha scritto Civati, meglio di come saprei fare io. Non serve ripeterlo. E poi, lì i commensali erano in imbarazzo, mica gli battevano le mani.
Si respira proprio un bel clima da queste parti. Gli alleati-non-proprio-alleati vengono a casa nostra a spiegarci che, se Matteo Renzi vince le primarie, il Partito di spacca. 
Ci sono dirigenti che fanno a gara per raccontare che, se vince Renzi, loro mica si sentono rappresentati. E magari se ne vanno. E scusate, ma chi ha detto che le primarie non sono un congresso, non servono per decidere chi comanda nel Pd, ma per scegliere il candidato premier? La coerenza.... E comunque, ditelo più forte. Che se minacciate di andarvene, purché facciate sul serio, date una mano. A Renzi, s'intende.
Giustamente, Pippo Civati scrive che “Fanno i rottamatori, alla rovescia, stile Ugolino”.
Ma quello, almeno, i figli li mangiò per fame. Vergognandosi anche. Qui pare che tutto – in primo luogo il sacrosanto diritto a un altro giro sulla giostra – possa più che 'l dolor. E poi, qui Ugolino non è rinchiuso da nessuna parte, va d'accordo con l'Arcivescovo Ruggieri e con lui si spartisce le misere carni.
Ho pensato questo: lassù nella torre, tra figli e nipoti, Dante ne conta almeno cinque. Cinque giovanotti, baldi e in salute. Se si mettono d'accordo, non c'è partita, né per il Conte né per l'Arcivescovo. Pensare alle primarie, mettendo da parte ciò che divide e mettendo insieme ciò che conta davvero. Gli altri lo fanno, per mantenere il potere. Noi dovremmo farlo, per cambiare le cose. Un intento più nobile, ma soprattutto necessario, per il bene del Partito e dell'Italia.

L'alternativa? Farsi mangiare. Uno per volta.

in viaggio con Manubrio