Guardate che Luigi De
Magistris, il sindaco di Napoli, si lamenta. Riunirà il consiglio
comunale davanti a Montecitorio per protestare contro il decreto
“salva-comuni”, quello da cui è stata esclusa Alessandria e nel
quale è invece ricompresa la sua città. Se capisco bene, dopo aver
detto che non vuole leggi speciali e soldi a fondo perduto, l'ex
magistrato lamenta il “commissariamento” dei comuni in
difficoltà: tasse locali al massimo e controllo sui bilanci, in
cambio di aiuti. Poi ci mette il carico da novanta: “E invece
comprano i cacciabombardieri”. Vergogna. In effetti, quei soldi
sarebbe meglio spenderli per finanziare, senza limiti e senza
condizioni, i comuni che hanno fatto saltare i conti...
Lo dico perché non
vorrei che qualcuno pensasse – perso nel dibattito falso tra amici
e nemici del dissesto alessandrino – che il problema sarebbe
risolto, se solo Alessandria venisse inclusa nel decreto
“salva-comuni”. Purtroppo, non è così. E temo ci siano un paio
di dettagli sui quali vale la pena di riflettere.
Il primo, di cui si è
accorto De Magistris: la festa è finita. Soldi non ce ne sono più,
né a Roma né altrove. Non è più tempo per interventi a pioggia e
azioni straordinarie. Non possiamo più permetterci di “salvare”
nessuno, se questo vuol dire mettere a carico del bilancio dello
Stato le perdite degli enti locali. Perché lo Stato non ha i soldi
per farlo e perché gli enti da “salvare” sono troppi. Da ieri,
pare, si è aggiunta all'elenco anche la Regione Piemonte. Dunque,
gli aiuti statali potranno dare fiato, sorreggere in qualche modo uno
sforzo – spesso doloroso – che i territori dovranno però fare da
soli: riducendo le spese, aumentando le tasse, riorganizzando e
tagliando.
Il secondo, che discende
dal primo: l'esclusione di Alessandria dagli aiuti appare ancor più
fastidiosa, proprio dopo le parole di De Magistris. Perché ad
Alessandria, magari con errori ma con impegno, stanno lavorando per
rimetterli in ordine, i conti. E mi pare che l'amministrazione tutto
abbia in mente tranne che la mobilitazione politica di queste
settimane possa portare a scaricare sullo Stato il peso del dissesto.
Temo invece che tra i
“nemici del dissesto”, a parte i “giapponesi” dell'ex sindaco
Fabbio asserragliati nel loro ridotto, qualcuno non abbia ancora
capito: se pensi che il problema non sia la situazione oggettiva dei
conti, ma qualche cavilloso gioco politico che ti tolga le castagne
dal fuoco, rischi di fare più danni di quelli che risolvi. E rischi,
soprattutto, di mettere in testa alle persone che scendono in piazza
che il problema abbia una soluzione facile. Bastava non dichiarare il
dissesto. Sì, vabbé... Oppure, basta la volontà politica, come si
dice.
Sappiamo che non è così,
manco per niente. Che non ci sono soluzioni facili. Che business
as usual non si potrà farlo. Ma bisogna spiegarlo proprio bene.
Perché il giorno dopo l'intervento dello Stato, se ci sarà, non
tutto sarà risolto. E il sostegno popolare che ha riempito le strade di Alessandria servirà più di adesso,
per rendere tollerabile e comprensibile un non breve periodo di difficoltà e
sacrifici.
In un'altra situazione,
farebbe sorridere la gente che fa polemica perché “non si fosse
dichiarato il dissesto, sarebbe tutto risolto”. In questa, di situazione, mette
tristezza.
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