venerdì 19 ottobre 2012

Vedi Napoli


Guardate che Luigi De Magistris, il sindaco di Napoli, si lamenta. Riunirà il consiglio comunale davanti a Montecitorio per protestare contro il decreto “salva-comuni”, quello da cui è stata esclusa Alessandria e nel quale è invece ricompresa la sua città. Se capisco bene, dopo aver detto che non vuole leggi speciali e soldi a fondo perduto, l'ex magistrato lamenta il “commissariamento” dei comuni in difficoltà: tasse locali al massimo e controllo sui bilanci, in cambio di aiuti. Poi ci mette il carico da novanta: “E invece comprano i cacciabombardieri”. Vergogna. In effetti, quei soldi sarebbe meglio spenderli per finanziare, senza limiti e senza condizioni, i comuni che hanno fatto saltare i conti...

Lo dico perché non vorrei che qualcuno pensasse – perso nel dibattito falso tra amici e nemici del dissesto alessandrino – che il problema sarebbe risolto, se solo Alessandria venisse inclusa nel decreto “salva-comuni”. Purtroppo, non è così. E temo ci siano un paio di dettagli sui quali vale la pena di riflettere.

Il primo, di cui si è accorto De Magistris: la festa è finita. Soldi non ce ne sono più, né a Roma né altrove. Non è più tempo per interventi a pioggia e azioni straordinarie. Non possiamo più permetterci di “salvare” nessuno, se questo vuol dire mettere a carico del bilancio dello Stato le perdite degli enti locali. Perché lo Stato non ha i soldi per farlo e perché gli enti da “salvare” sono troppi. Da ieri, pare, si è aggiunta all'elenco anche la Regione Piemonte. Dunque, gli aiuti statali potranno dare fiato, sorreggere in qualche modo uno sforzo – spesso doloroso – che i territori dovranno però fare da soli: riducendo le spese, aumentando le tasse, riorganizzando e tagliando.

Il secondo, che discende dal primo: l'esclusione di Alessandria dagli aiuti appare ancor più fastidiosa, proprio dopo le parole di De Magistris. Perché ad Alessandria, magari con errori ma con impegno, stanno lavorando per rimetterli in ordine, i conti. E mi pare che l'amministrazione tutto abbia in mente tranne che la mobilitazione politica di queste settimane possa portare a scaricare sullo Stato il peso del dissesto.

Temo invece che tra i “nemici del dissesto”, a parte i “giapponesi” dell'ex sindaco Fabbio asserragliati nel loro ridotto, qualcuno non abbia ancora capito: se pensi che il problema non sia la situazione oggettiva dei conti, ma qualche cavilloso gioco politico che ti tolga le castagne dal fuoco, rischi di fare più danni di quelli che risolvi. E rischi, soprattutto, di mettere in testa alle persone che scendono in piazza che il problema abbia una soluzione facile. Bastava non dichiarare il dissesto. Sì, vabbé... Oppure, basta la volontà politica, come si dice.

Sappiamo che non è così, manco per niente. Che non ci sono soluzioni facili. Che business as usual non si potrà farlo. Ma bisogna spiegarlo proprio bene. Perché il giorno dopo l'intervento dello Stato, se ci sarà, non tutto sarà risolto. E il sostegno popolare che ha riempito le strade di Alessandria servirà più di adesso, per rendere tollerabile e comprensibile un non breve periodo di difficoltà e sacrifici.

In un'altra situazione, farebbe sorridere la gente che fa polemica perché “non si fosse dichiarato il dissesto, sarebbe tutto risolto”. In questa, di situazione, mette tristezza.

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