La
verità è che le regole fissate per le primarie – farraginose, inutili,
da azzeccagarbugli – sono lo specchio della realtà. Ci sarebbe da
discutere a lungo su quale Partito Democratico possa avere in mente chi
costruisce certi muri e pianta simili ostacoli alla partecipazione dei
cittadini. Ci sarebbe da discutere sulla sincerità di adesione di molti a
quel progetto, che aveva presupposti e ambizioni opposti.
Ne avremmo molte da dire, sul ripiegamento del Pd intorno alla propria organizzazione, su una mistica del “partito forte”
che ha prodotto – non paradossalmente – l’esatto contrario: un partito
sempre più piccolo, con meno iscritti, meno sezioni, meno radicamento
territoriale, meno feste. Non paradossalmente, perché se ti rinchiudi
nel fortino, molti se ne vanno. Non solo i cittadini che partecipano
alle primarie, ma anche gli iscritti che non riconoscono più il loro
Partito e le migliaia di volontari – pochi dei quali con la tessera in
tasca – che ogni anno lavorano nelle feste di quel Partito.
Ci
sarebbe molto da dire, ma ho l’impressione che siamo all’epilogo. Tutto
sta a vedere come questo epilogo si consumerà. Perché una cosa è ormai
chiara: questo Partito Democratico ha fatto il pieno, è un partito che
vale il 25%, che può prendere un paio di punti in più se ne azzecca
qualcuna. Ma che può scordarsi – se non dopo un profondo cambio di
prospettiva – di andare oltre, con tutte le implicazioni del caso.
Ci
sono due modi di guardare al futuro e due epiloghi possibili: quello di
chi si accontenta e quello di chi non ha più voglia di accontentarsi. E
le regole ne sono lo specchio: chi pensa che il problema sia difendersi
dagli assalti, resistere e arrivare alle elezioni, sperando che le
difficoltà degli avversari ci facciano vincere. Contro chi pensa che il
centro-sinistra debba proporre una grande svolta politica, un
rinnovamento profondo nei metodi e nelle persone, un programma al passo
con i tempi, calato in modo pragmatico in una realtà che, da difficile,
può trasformarsi in occasione per nuove opportunità.
Alla
fine, è proprio un confronto tra conservazione e novità. E nessuno
dubita che le regole per le primarie, scritte così, siano farina del
primo sacco: “figlie della vostra paura, non del nostro coraggio”, come ha detto Matteo.
Il
problema è che le regole non sono forma, ma sostanza. Se già adesso il
Pd è in grosse difficoltà e rischia di subire l’assalto di Grillo o
qualche invenzione berlusconiana dell’ultimo minuto, come starebbe se le
primarie fossero un flop? Come starebbe se Bersani le vincesse con un
numero di partecipanti molto inferiore a quello delle precedenti
tornate? Su questo avete ragionato? Perché si capisce che l’unico
risultato – certo – di queste regole sarà un disincentivo alla
partecipazione.
Da
queste primarie rischia di uscire un Pd più debole, meno ambizioso,
meno credibile di quello che ci entra. Non perché il Partito si spacca, o
qualcuno lo spacca, ma perché la difesa della “Ditta” si
manifesta, ogni giorno di più, per quello che è: la difesa dei titolari
della ditta. Quel Pd non avrà la forza per imporsi con nessuno e Bersani
non sarà il prossimo Presidente del Consiglio. Perché, bene che vada,
saremo il partito di maggioranza relativa. Assai relativa. Se andrà
bene, potremo partecipare al Monti-bis, con buona pace di chi sulle
polemiche contro il Governo che sostiene sta facendo anche la campagna
delle primarie. Se andrà male, meglio non pensarci.
Con
Matteo Renzi si può rovesciare questo quadro. Perché Matteo parla a
tutti e può convincere molti elettori delusi, sparpagliati, in attesa di
una novità. Esattamente quello che gli viene rimproverato: piacere a
chi “non vota” per il Partito Democratico. Ma che lo voterebbe,
se fosse lui il candidato. E vaglielo a spiegare… Matteo può uscire dal
fortino. Non per mettersi d’accordo con gli indiani, ma per raccogliere
gli elettori stufi, stanchi, sfiduciati. E far crescere, di molto, i
voti al nostro Partito.
Ecco,
chi vuole bene al Partito Democratico e vuole vederlo al governo
dell’Italia, dovrebbe riflettere. Perché se mettiamo da parte per un
attimo la propaganda, le bugie e tanta paura del Babau seminata ad arte, potremmo scoprire che al Pd “conviene” la vittoria di Matteo alle primarie.
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