martedì 23 ottobre 2012

La paura e il coraggio

La verità è che le regole fissate per le primarie – farraginose, inutili, da azzeccagarbugli – sono lo specchio della realtà. Ci sarebbe da discutere a lungo su quale Partito Democratico possa avere in mente chi costruisce certi muri e pianta simili ostacoli alla partecipazione dei cittadini. Ci sarebbe da discutere sulla sincerità di adesione di molti a quel progetto, che aveva presupposti e ambizioni opposti.
Ne avremmo molte da dire, sul ripiegamento del Pd intorno alla propria organizzazione, su una mistica del “partito forte” che ha prodotto – non paradossalmente – l’esatto contrario: un partito sempre più piccolo, con meno iscritti, meno sezioni, meno radicamento territoriale, meno feste. Non paradossalmente, perché se ti rinchiudi nel fortino, molti se ne vanno. Non solo i cittadini che partecipano alle primarie, ma anche gli iscritti che non riconoscono più il loro Partito e le migliaia di volontari – pochi dei quali con la tessera in tasca – che ogni anno lavorano nelle feste di quel Partito.
Ci sarebbe molto da dire, ma ho l’impressione che siamo all’epilogo. Tutto sta a vedere come questo epilogo si consumerà. Perché una cosa è ormai chiara: questo Partito Democratico ha fatto il pieno, è un partito che vale il 25%, che può prendere un paio di punti in più se ne azzecca qualcuna. Ma che può scordarsi – se non dopo un profondo cambio di prospettiva – di andare oltre, con tutte le implicazioni del caso.
Ci sono due modi di guardare al futuro e due epiloghi possibili: quello di chi si accontenta e quello di chi non ha più voglia di accontentarsi. E le regole ne sono lo specchio: chi pensa che il problema sia difendersi dagli assalti, resistere e arrivare alle elezioni, sperando che le difficoltà degli avversari ci facciano vincere. Contro chi pensa che il centro-sinistra debba proporre una grande svolta politica, un rinnovamento profondo nei metodi e nelle persone, un programma al passo con i tempi, calato in modo pragmatico in una realtà che, da difficile, può trasformarsi in occasione per nuove opportunità.
Alla fine, è proprio un confronto tra conservazione e novità. E nessuno dubita che le regole per le primarie, scritte così, siano farina del primo sacco: “figlie della vostra paura, non del nostro coraggio”, come ha detto Matteo.
Il problema è che le regole non sono forma, ma sostanza. Se già adesso il Pd è in grosse difficoltà e rischia di subire l’assalto di Grillo o qualche invenzione berlusconiana dell’ultimo minuto, come starebbe se le primarie fossero un flop? Come starebbe se Bersani le vincesse con un numero di partecipanti molto inferiore a quello delle precedenti tornate? Su questo avete ragionato? Perché si capisce che l’unico risultato – certo – di queste regole sarà un disincentivo alla partecipazione.
Da queste primarie rischia di uscire un Pd più debole, meno ambizioso, meno credibile di quello che ci entra. Non perché il Partito si spacca, o qualcuno lo spacca, ma perché la difesa della “Ditta” si manifesta, ogni giorno di più, per quello che è: la difesa dei titolari della ditta. Quel Pd non avrà la forza per imporsi con nessuno e Bersani non sarà il prossimo Presidente del Consiglio. Perché, bene che vada, saremo il partito di maggioranza relativa. Assai relativa. Se andrà bene, potremo partecipare al Monti-bis, con buona pace di chi sulle polemiche contro il Governo che sostiene sta facendo anche la campagna delle primarie. Se andrà male, meglio non pensarci.
Con Matteo Renzi si può rovesciare questo quadro. Perché Matteo parla a tutti e può convincere molti elettori delusi, sparpagliati, in attesa di una novità. Esattamente quello che gli viene rimproverato: piacere a chi “non vota” per il Partito Democratico. Ma che lo voterebbe, se fosse lui il candidato. E vaglielo a spiegare… Matteo può uscire dal fortino. Non per mettersi d’accordo con gli indiani, ma per raccogliere gli elettori stufi, stanchi, sfiduciati. E far crescere, di molto, i voti al nostro Partito.
Ecco, chi vuole bene al Partito Democratico e vuole vederlo al governo dell’Italia, dovrebbe riflettere. Perché se mettiamo da parte per un attimo la propaganda, le bugie e tanta paura del Babau seminata ad arte, potremmo scoprire che al Pd “conviene” la vittoria di Matteo alle primarie.

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