lunedì 24 ottobre 2011

E se casca?

In due giorni la situazione sembra davvero precipitare. Finalmente, dirà qualcuno. E come dargli torto. Certo è che la piega presa dagli eventi nelle ultime 24 ore lascia pensare ad una fine, rapida ma tutt’altro che indolore, del governo. C’è qualcosa di surreale e al tempo stesso fastidioso in questo che, forse, sarà il vero epilogo del berlusconismo come esperienza politica.
Surreale, ma anche fastidioso, è quanto avvenuto ieri, con i leader di due grandi paesi europei a farsi beffe del premier italiano, insieme a una nutrita delegazione di giornalisti internazionali. Anche questo andrà sul conto di Berlusconi e del livello tragicamente basso cui ha portato l’immagine del Paese, insieme alla sua personale. Comunque, se Berlusconi non è De Gasperi, ieri non abbiamo visto – in quella conferenza stampa – né un Adenauer né un De Gaulle. Se il livello è questo qui, meglio abbassare il sipario, per tutti.
Ancora più surreale appare il dibattito che si è subito aperto in Italia e che forse porterà al crollo della maggioranza di governo. La Lega di Roma, che ha ceduto su tutto e ha digerito qualunque cosa. In nome di un’alleanza indissolubile con Berlusconi, sembra pronta a staccare la spina sulle “pensioni”. Che non si devono toccare, perché abbiamo già dato e la Lega difende i lavoratori.
Ci sarebbe da sorridere, non fosse che la situazione è – davvero – tragica. Non so se avanzino solo due giorni per salvare l’Italia. O se abbiamo ancora qualche settimana. La verità, però, è che i nodi sono venuti tutti al pettine e che sarebbe criminale – autenticamente criminale – ogni astuzia pre-elettorale, ogni tentativo di sfruttare la situazione per guadagnare facile consenso. Come sta facendo la Lega.
Piuttosto, ora che forse questi cascano sul serio, è davvero il momento di capire se siamo capaci noi di assumerci la responsabilità che serve al bene del Paese. E se saremo capaci noi di evitare i tatticismi e le furberie di chi pensa che il primo e principale problema siano le elezioni di primavera, piuttosto che il baratro su cui oscilla il futuro dell’Italia.
E insomma, Berlusconi spinto dall’incombere della tragedia si è risolto a toccare l’intoccabile, a proporre qualcosa di improponibile per la sua maggioranza. Rischia tutto perché non può fare diversamente. Ci prova. Tutti ci auguriamo che esca in fretta sconfitto da questa vicenda. E che se ne vada.
Però resterà intatto il problema e toccherà a qualcun altro affrontarlo. La riforma del sistema pensionistico, con l’innalzamento da subito dell’età pensionabile, è una scelta che non potrà essere evitata. Non da chi voglia davvero salvare l’Italia, a costo di rimetterci il consenso di chi sta facendo le acrobazie per andare a riposo prima – molto prima – dei 67 anni.
Io penso che un partito riformista debba avere il coraggio e l’onestà intellettuale di farsi carico di questa sfida. Lasciando da parte la storia dei diritti acquisiti. Che acquisiti non sono nemmeno un po’, se li deve pagare qualcuno che di quei diritti non conoscerà nemmeno un’ombra sfocata. Il resto sono tatticismi, buoni per restare a galla e guadagnarsi un altro giro sulla giostra. Ma il biglietto lo pagheranno, stavolta carissimo, i soliti.
Che non sono – diciamolo una volta chiaramente – “i lavoratori, i pensionati, le donne, i giovani…”. Ma più che altro, “i giovani”. Dei quali, dopo una settimana di ramanzine e di fastidiosi amarcord sui “favolosi” anni ’70, nessuno già parla più.

P.S.: mezz'ora fa ho sentito per radio Morando dal Senato e Bersani in conferenza stampa. Il secondo dice che sulle pensioni "si può fare qualcosa". Il primo è stato più chiaro, partendo dai numeri, come  fa sempre. Bersani ha anche risposto, a chi gli chiedeva se ci sarà il tempo per fare le elezioni visto che dobbiamo "rispondere all'Europa", che "se non arrivano i gesti, arrivano le letterine". Il gesto sono le dimissioni: se Berlusconi se ne va, avremo tutto il tempo per fare ciò che serve. Vorrei tanto che avesse ragione, ma temo abbia torto.

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