martedì 26 luglio 2011

"Guerra per bande"

Come consigliava qualcuno, mi sono riletto l’intervista di Enrico Berlinguer sulla “questione morale”. Del 1981, quando avevo sei anni. Due passaggi meritano una citazione.
“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande”.
Dunque, si può parlare di questione morale senza agitare cappi. O far tintinnare manette. Ma anche, un partito non ha una questione morale solo se, tra le sue fila,  il numero dei ladri – conclamati o presunti –  supera una certa soglia. La selezione dei gruppi dirigenti, la loro sostituibilità, il nepotismo di corrente o di famiglia – quando si trasformano in sistema – possono, da soli, integrare il concetto. E ancora, se io dico Tedesco e uno mi risponde Calearo, il massimo che può venirne fuori è una “guerra per bande”. E io, che piaccia o meno, non mi iscrivo a nessuna delle (due) bande.
“Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire”.
Queste sembrano parole dei “demagoghi” di oggi. Quelli che parlano di costi della politica, dimenticando quanto poco pesino sul totale della spesa pubblica italiana. Che non sanno dei tagli già apportati agli stipendi dei parlamentari: “Ridotti del 10%. Quante categorie in Italia hanno fatto lo stesso?” (D’Alema). Che pensano che, se per togliere il Partito dall’imbarazzo ti dimetti da tutte le cariche di partito e da vice-presidente del Consiglio Regionale, ma non da consigliere regionale, magari non stai facendo abbastanza “passi indietro”.
Forse Berlinguer – che non possedeva una barca a vela – sentiva il vento. Quel vento impiegò altri dieci anni per trasformarsi in tempesta e dargli ragione. Ragione politica, che la galera c’entra poco. Secondo me, se non ci svegliamo, questa volta ci sarà meno da aspettare.

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