venerdì 20 luglio 2012

Il compromesso

Dicono che nel Pd ci sia una maggioranza contraria ai matrimoni gay. Poi, quando si può votare in assemblea per vedere se sia vero, il voto è precluso. E vabbé.
C'è chi pensa, forse dall'inizio, che il Partito Democratico sia un grande compromesso. Sono quelli che si arrabbiavano quando qualche commentatore parlava di "fusione fredda": non c'era alcuna freddezza in quella fusione. Ma, appunto, di una fusione si trattava, tra i Ds e la Margherita. Cioè, tra ciò che restava del Pci e ciò che rimaneva della Democrazia Cristiana, in una riedizione, nemmeno troppo aggiornata, del compromesso storico.
Chi aderisce a questa visione trova normale che la divisione dei compiti - prima incastonata nella logica di coalizione - regoli la vita interna del Partito: da una parte i socialdemocratici, dall'altra i cattolici. Ovviamente, questo metodo imporrebbe anche la ricerca di una qualche "vocazione maggioritaria" del Partito in quanto tale. Ma questa locuzione, in quanto bestemmia veltroniana, è stata bandita.
Gli è che la divisione del lavoro sta assumendo contorni piuttosto particolari. Semplificando, ma nemmeno troppo, si può dire che ai socialdemocratici spetti l'ultima parola in politica economica, ai cattolici quella sui "temi eticamente sensibili". Su questo compromesso si regge l'alleanza interna a sostegno di Bersani. Da questo compromesso sono escluse - non perché si autoescludano, come racconta Rosy Bindi, ma perché non sono proprio previste - le posizioni liberali (non liberiste, altra bestemmia...) e quelle libertarie.
Il risultato di questo compromesso è una preoccupante caricatura della socialdemocrazia europea, molto piu old style di Hollande o Zapatero. Che finge di non vedere i problemi reali dell'Italia, pensando che si possano applicare - qui e oggi, con la pressione fiscale al 55% - ricette di "tassa e spendi" importate da altre latitudini e da altri periodi storici.
Ma il risultato è anche la stanca ripetizione di una particolarità tutta italiana sui temi che riguardano la libertà degli individui. Da quando la Bindi fabbricava i DiCo sotto il Governo Prodi, le cose in Europa sono assai cambiate. Il matrimonio per i gay esiste ormai, non solo nel laico Regno Unito, ma persino nella cattolicissima Spagna. Quasi ovunque. Anche Hollande - che sembra farle tutte giuste, persino quelle che non fa... - si prepara ad introdurlo in Francia. Ma davanti a quella porta, lo spirito di emulazione verso il nuovo eroe della gauche si ferma: socialdemocratici sì, ma con judicio, che siamo italiani.
Che poi gli Italiani siano molto meno provinciali, molto più europei e molto più disposti ad aperture sui diritti civili di come ci raccontino, importa poco o nulla. Il compromesso ha i suoi presupposti e la realtà vi si deve adattare. E poi il compromesso è troppo importante per essere messo in discussione: da esso dipendono gli equilibri interni. E dunque, la sopravvivenza politica del gruppo dirigente. Un altare su cui tutto può essere sacrificato, anche la credibilità del Partito, la modernità della sua proposta politica, il posto dell'Italia nell'Europa dei diritti e delle libertà. Potrei sbagliarmi, ma credo che gli Italiani non apprezzino. E dico che il Partito Democratico non lo abbiamo fatto per questo.

P.S.: A proposito, qualche mese fa si discuteva in Parlamento del "divorzio breve". Non se n'è più saputo nulla, a meno che mi sia sfuggito qualcosa. E intanto, gli Italiani hanno cominciato ad andare all'estero - oltre che per sposarsi, mettere al mondo figli, curarsi, morire in pace - anche per divorziare. Saranno problemi questi?

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