venerdì 8 giugno 2012

Coraggio!

Ora che Gramellini ha scritto del "cupio dissolvi di una generazione politica", posso dire che ne vado parlando da un anno?
Per carità, non vinci mica niente se lo hai detto per primo. Anzi, magari mi diranno che porto sfiga. Piuttosto, fa impressione come una cosa a tal punto evidente possa essere sfuggita a tanti.
Dico io, ci voleva Grillo al 20%, che guadagna due punti alla settimana senza che nessuno si ponga il problema di cambiare registro, per capire che il registro non cambia perché non ne conoscono altro?
Può succedere qualunque cosa. Non la smettono. Uno si chiede: ma non la capiscono? Sì che la capiscono, ma fanno finta di niente. Se ne fregano. E resistono.
C'è ora il caso del sindaco-deputato di Civitavecchia. Che prima promette di dimettersi dal Parlamento, poi non lo fa e resta a tutelare gli interessi della città. Dice due bestemmie - che si possano fare bene due lavori come sindaco e parlamentare a tempo e che uno in Parlamento ci va, non per fare buone leggi, ma per aiutare i suoi paesani - ma nessuno fa la cosa più ovvia: cacciarlo.
Né sarà cacciato il capogruppo in Lombardia, che sta al mare mentre si vota la sfiducia a Formigoni. D'altronde, chi vuoi cacciare, se Penati sta ancora lì?
In questo clima effervescente di idiozie, i migliori sono quelli del voto a ottobre. Quelli che se votiamo presto, Grillo non fa in tempo a crescere e loro vanno al Governo. Dimenticano due dettagli. Il primo, che con questo ritmo, a ottobre Grillo sarà sopra il 50%. Il secondo, che nel 1994, Berlusconi impiegò due mesi per fare fuori Occhetto e la sua gioiosa macchina da guerra. Le elezioni le aveva volute il Pds, sicuro di vincerle.
Il problema è l'offerta politica: se la nostra non piace, gli elettori ne cercano un'altra. Allora bisogna cambiare la nostra. Ma è quello che non vogliono fare, perché significa innanzi tutto farsi da parte. Ma che si chiami Berlusconi, Grillo o Mario Rossi, nessuno potrà resistergli se non saprà rispondere, meglio di come fece Occhetto nel '94, alla domanda: "Lei nella vita, non facesse politica, che lavoro farebbe?"
La coazione a ripetere gli errori e le porcate, unita all'assoluta incapacità di cogliere lo spirito dei tempi, ha reso ormai del tutto intollerabile l'idea stessa che la politica possa essere una carriera.
La soluzione c'è, basta accettarne le dolorose - per alcuni - conseguenze: primarie per il premier e per tutti i candidati al Parlamento, due mandati poi a casa, un passo indietro delle insopportabili oligarchie e due avanti di chi non vive la politica come un modo per sistemarsi.
E il coraggio, da chi vuole cambiare per vincere, per mettersi in gioco. Ora o mai più. Ora o la palla resterà ai soliti strateghi. Che ogni giorno di più somigliano al Mago Oronzo: "Con la sola imposizione delle mani, posso rovinarti il partito e l'Italia".

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