giovedì 15 novembre 2012

Farmacie e ideologie

C’è questa discussione che stiamo facendo a Novi Ligure sulla farmacia comunale (l’unica che abbiamo), che mi pare aiuti a capire alcune cose. Su com’è stata la politica, su come sia adesso, su come potrebbe e dovrebbe essere. Nel nostro piccolo e magari anche nel grande.

Allora, succede che un paio di anni fa ci siamo posti il problema di ricavi e utili in preoccupante diminuzione. Esisteva il rischio che, da un utile (troppo) basso, si arrivasse addirittura a rimetterci. E davvero una farmacia che perde soldi, per quanto pubblica, non è tollerabile. Chi sarebbe in grado di spiegare a un cittadino che gli chiediamo anche un solo centesimo di tasse in più per “difendere” un negozio che dovrebbe invece far soldi?

In due anni le cose sono cambiate. Diciamo un po’ cambiate – non abbastanza – ma qualcosa è successo: con una nuova gara per l’acquisto dei farmaci, il margine è migliorato di due punti e mezzo e l’utile arriverà sui 25.000 euro. Che è poco, ma è già qualcosa.

Il Consiglio Comunale ha deciso che i ricavi devono ancora migliorare. E ha chiesto ai nostri farmacisti di proporre soluzioni da inserire in un piano d’azienda: nuovi servizi, attività aggiuntive, cambi organizzativi. Il tutto con un dettaglio dei costi per farlo, il miglioramento dei ricavi previsto, i tempi di realizzazione. La Giunta ne farà un piano di rilancio che proporrà al Consiglio, il quale deciderà quali proposte finanziare col prossimo bilancio. Seguirà uno stretto monitoraggio dei risultati: se una soluzione funziona, si procede. Se non funziona, ci si ferma subito, prima di sprecare inutilmente soldi dei contribuenti.

Mi pare che stiamo facendo un discreto lavoro. Che esce dallo schema tradizionale del dibattito tra chi vuole che la farmacia “resti pubblica” e chi vuole “privatizzare” la farmacia. Questa discussione ideologica – che è durata un quarto di secolo – ha qualche responsabilità per il deterioramento dei risultati.

Chi difende la proprietà pubblica come una bandiera, dice che le cose vanno bene così, anche se vanno male. Chi vuole “vendere” considera impossibile gestire in profitto un’azienda pubblica. Dunque, sa che le cose vanno male, ma ritiene che non possano andare meglio. Tra "vorrei ma non posso" e "potrei ma non voglio", il risultato è – facilmente – la paralisi… E gli alibi per giustificare una situazione ingiustificabile si sprecano.

Ecco, mi pare che stavolta abbiamo rovesciato la discussione e l’abbiamo messa sui binari giusti. Non abbiamo deciso che la farmacia deve restare pubblica “perché ci piace così”. Non abbiamo deciso che la farmacia va venduta perché il privato “è meglio”. Non abbiamo deciso di spendere un po’ di soldi sulla farmacia “e poi vediamo se succede qualcosa”.

Un bel cambio di passo. Speriamo lo abbiano capito tutti.

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