domenica 15 settembre 2013

Sul leaderismo

Ieri sera ho ascoltato un discorso di Pierluigi Bersani. Siccome la compagnia era buona, ho resistito fino in fondo. Il nocciolo delle argomentazioni è la polemica contro il "leaderismo".
Il Pd è un collettivo, non abbiamo bisogno di leader carismatici, che hanno già fatto troppi danni in questi venti anni. "Io sono uno di tanti" - ci spiega Bersani - e prima viene il Partito. Dice Berlusconi, ma parla di Matteo Renzi. Pensa che il "popolo" sia - ancora - disposto a bersi questo accostamento fuori dal mondo. Sbaglia, come dimostrano i bagni di folla che accompagnano il tour di Renzi nelle feste del Pd. Ma il punto non è questo.
Il punto è che poi qualcuno che non ti aspetti, sfrutta l'opportunità di essere di fianco a lui sul palco per fargli un attacco che nemmeno il peggiore degli avversari. In questo caso, la vice-sindaco bersaniana di Milano De Cesaris: partendo dall'offesa per aver atteso un'ora prima di avere la parola, ha attaccato Bersani su tutta la linea. Lo ha smontato, o almeno ci ha provato. La danno in partenza per altri lidi, aggrappata al "carro del vincitore". Ma il punto non è neppure questo.
Il punto è che questa scena - francamente squallida - mostra plasticamente quanto e in quale modo il Pd di Bersani sia stato "partito del leader": un luogo nel quale il capo si ergeva - e si reggeva - sulle correnti in equilibrio. Nel quale l'adesione alla linea del capo era spesso dettata da ragioni di appartenenza a qualche cordata, se non di personale convenienza.
Ora che Bersani non è più il capo, la sua leadership sfumata fatica persino a guadagnare il rispetto di chi fino a ieri lo sosteneva. All'inizio è stata la ex portavoce Alessandra Moretti, poi molti altri hanno seguito...
Si dice saltino sul carro del vincitore e al "vincitore" ne danno la colpa. Ma non è così. Il Pd di Bersani era un partito del leader. Solo, lo era in un modo molto diverso - e peggiore - di quanto avvenga in tutti i partiti del mondo: una specie di Democrazia Cristiana, balcanizzata in cento correnti, ma con un segretario preteso ineffabile, da Partito Comunista. 
La parte più triste, in questo patetico crepuscolo, è che ancora diano ad altri dei "democristiani". Manco fossimo nel 1989.

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