lunedì 2 settembre 2013

I "renziani"

Hey, magari mi sbaglio, ma Matteo Renzi ne ha per tutti: sì, per il correntone bersaniano e le sue sotto-correnti a lungo raccolte intorno al “caminetto”, ma non credo si fermi qui. Me lo conferma l’ironia con cui ha parlato dei “renziani” (una malattia, essere “renziano”…).
Ad alcuni non piacerà, ma alla fine è ciò che dico da fin troppo tempo: la battaglia di Renzi per il rinnovamento non è una “normale” conta interna al Pd. Matteo non vince “facendo le tessere”, attirando gli iscritti, raccogliendo gruppi dirigenti in giro per l’Italia. Matteo vince per il sostegno che può – e deve – raccogliere nella società italiana. Per il progetto che propone agli Italiani, non per il numero di segretari provinciali che riesce a portare dalla sua. O a far eleggere.
La sua sfida, sin dall’inizio è stata questa. E ha finora resistito – grazie al cielo – a ogni pressione, sia a quelle provenienti dagli avversari interni, sia a quelle di chi aveva fretta di consolidare la presenza “renziana” (la malattia…) nelle federazioni e nei circoli. Non si è “normalizzata” nella consueta battaglia interna, mantenendo la freschezza e la forza di una proposta fatta direttamente agli elettori del Pd e agli Italiani.
Nei mesi scorsi abbiamo discusso a lungo di come organizzare il lavoro a sostegno di Matteo. Alcuni – di fronte alla possibilità di una radicale chiusura del Partito – proponevano semplicemente di iscrivere i sostenitori e di portare la sfida nei congressi di circolo. Quella ipotesi si è presto scontrata con la realtà: ben pochi sono disponibili a prendere la tessera, perché la prospettiva di Renzi è strettamente legata alla natura ontologicamente (lo ha detto anche lui, posso continuare a usare questa parola…) aperta del Pd. La portata autenticamente rivoluzionaria della proposta di Matteo, il cambiamento radicale di prospettiva e di atteggiamento, possono vivere solo nella massima apertura, muoiono nelle liturgie e nei giochetti di potere dei soliti gruppi dirigenti. Matteo questo lo ha capito e agisce di conseguenza. Punto.
Il che porta con sé alcune conseguenze. Le quali, appunto, non a tutti piaceranno. Per farla breve: non ci saranno assessorati garantiti per i “renziani”, non si entrerà in un consiglio di amministrazione in “quota Renzi”, nessuno diventerà sindaco perché è “renziano”. O meglio, magari lo diventa, ma perché la sua storia e le sue caratteristiche lo fanno somigliare un po’ a Matteo Renzi e la gente lo vota. Non perché qualcuno ha distribuito i posti e quella poltrona lì tocca a uno della “corrente Renzi”. E nessuno, temo, potrà dire “Ok, sono qui da quarant’anni, ma sostengo Renzi: non vado rottamato”. No, non funziona così.
La “corrente di Renzi” non esiste per questa precisa ragione. Questo è ciò che manda in bestia le correnti che esistono davvero. Poiché, banalmente, è una cosa troppo diversa da loro perché possano capirla. Ma questo è anche ciò che piace, di Renzi, a molti che vogliono impegnarsi in politica, senza considerarla una carriera, una professione, un modo per sistemarsi.
Dal mio punto di vista, un motivo in più per sostenerlo.

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