mercoledì 20 marzo 2013

Morire per Palazzo Chigi

Quindi, tra oggi e domani ci sono le consultazioni. Poi Bersani avrà l’incarico di formare il Governo, poi andrà alla Camera a prendere la fiducia, poi al Senato a provarci. Che il tentativo sia ardito lo ammettono in molti, che non si trasformi in un’incoscienza è interesse di tutti.
Per questo, se si comprendono le ragioni tattiche del deciso no a qualunque “piano B”, il sospetto che oltre alla tattica vi sia una strategia lascia perplessi. E preoccupati. Che si insista su presunti “pugnali” nelle mani di Matteo Renzi, di truppe mobilitate, di tradimenti in vista, non appena qualcuno evochi la possibilità di una soluzione, magari temporanea, che eviti immediate elezioni in caso di fallimento del tentativo bersaniano, non fa che confermare la preoccupazione.
Ora bisogna essere chiari, anche perché in gioco non c’è – come qualcuno pensa – il futuro politico di qualche dirigente del Pd, ma il futuro del Paese. E con questo non si scherza.
Allora, Pierluigi Bersani ha tutto il diritto di provarci. Forse ha persino il diritto di ignorare la risposta chiara e negativa del M5S alle sue offerte di collaborazione. Ha diritto di considerare quel rifiuto un tatticismo e ha il diritto di provare a mettere i grillini di fronte alle loro “responsabilità”. Ha diritto di mettere insieme un Governo con un sacco di ministri meravigliosi e di presentarsi alle Camere col programma in otto punti. Questa partita, se Napolitano gliela lascerà giocare, inizia domani e si conclude un minuto dopo il voto in Senato sulla fiducia. Fin qui, gli interessi di Bersani, del Pd e del Paese coincidono. Si provi.
Un minuto dopo, se la fiducia c’è, si comincia a governare. Se non c’è, inizia un’altra partita, nella quale la coincidenza tra interesse di parte e interesse generale è tutta da dimostrare.
Dunque pensare davvero – non solo dirlo tatticamente – che l’unica soluzione siano elezioni anticipate prima dell’estate, significa fare (forse!) gli interessi di una parte della nostra parte politica, ma non necessariamente quelli dell’Italia. Certo, Grillo potrebbe perdere consensi perché irresponsabile. Certo, il timore di un futuro terribilmente incerto potrebbe favorire un voto utile per il Pd. Certo che sì, ma se non bastasse? Se ne uscisse un Parlamento ancor più frammentato e incapace di dare un Governo al Paese? Se vincesse Grillo? Se vincesse il centro-destra?
Ecco qui, esattamente qui, l’interesse dell’attuale gruppo dirigente del Pd e quello dell’Italia si separano. Inesorabilmente. Agitare lo spettro della pugnalata alle spalle - di un tradimento renziano capace di impedire la nascita del Governo Bersani - per bloccare ogni soluzione alternativa al ritorno alle urne se fallisce il tentativo del Segretario, è il corollario inquietante e fastidioso di una strategia incosciente.
Potete chiederci tutto. Potete chiederci di credere in un Governo assembleare che si cerca di volta in volta la maggioranza in Parlamento. Potete chiederci di non ricordare quanto sarebbero diverse le cose, oggi, se avessimo raccolto per tempo la sfida di cambiamento che i tempi imponevano.
Potete chiederci tutto, non di morire per Bersani a Palazzo Chigi.

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