mercoledì 6 marzo 2013

La Lombardia

Nei giorni scorsi ne ho lette un po’ di analisi sul voto in Lombardia. Da qui doveva partire la riscossa del centro-sinistra e qui si è fermata, alle politiche come alle regionali.
Premetto che io non ci avevo capito molto: ero convinto che le regionali sarebbero andate peggio delle politiche, che la continuità del governo locale sarebbe stata difesa da una parte consistente dell’elettorato di centro-destra, disgustata invece da Berlusconi sul piano nazionale. Guardando i numeri, non avevo tutti i torti, ma avevo sottovalutato la forza di Umberto Ambrosoli.
E veniamo al punto: la sconfitta alle regionali lombarde è stata interpretata da alcuni come la conferma che il problema non sia la qualità e novità della nostra offerta politica. Si è perso in Lombardia, anche se il candidato era esterno ai partiti, nuovo, riconosciuto per la sua etica ferrea, giovane persino. Dunque, non si poteva fare di meglio. E soprattutto, gli elettori non ci hanno premiato dove avevamo un candidato più innovativo.
Si tratta di un’analisi consolatoria, comprensibile in bocca a qualche dirigente democratico duro e puro, ma che non regge alla prova dei numeri. In Lombardia, infatti, il centro-sinistra è andato meglio alle elezioni regionali rispetto alle politiche. Le elezioni regionali hanno registrato una maggiore polarizzazione del voto, con un consenso minore per grillini e montiani. Il travaso si è rivolto maggiormente verso il candidato del centro-sinistra.
Qui i numeri:

Dunque, Ambrosoli prende 580.000 voti in più del centro-sinistra alla Camera, mentre Maroni ne raccoglie 409.000 in più. In questi numeri si può leggere quello che si vuole, ma non il loro contrario. La Lombardia è una regione difficile per il centro-sinistra. Limitarsi a registrare la sconfitta sarebbe ingeneroso e ingenuo. Ma alle regionali – con quel candidato presidente – è andata molto meglio che alle politiche.
That’s it, anche se non piace.

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