giovedì 28 febbraio 2013

Quello di fianco

Dunque, oggi Massimo D’Alema è tornato a disegnare strategie dalle pagine del Corriere della Sera: una pagina intera dedicata alla molta tattica e – come di consueto – a ben poca strategia. Zero, ҁa va sans dire, gli accenti autocritici.
Ho letto sino alla fine, mi sono sforzato di non arrabbiarmi e sono rimasto con una domanda: a cosa serve? Anche a volergli dare la parola per forza,  il D’Alema pensiero si poteva riassumere in quattro righe:
1.       Un grillino alla Presidenza della Camera
2.       Silvio Berlusconi alla Presidenza del Senato
3.       Pierluigi Bersani o meglio Giuliano Amato a Palazzo Chigi
4.       Massimo D’Alema al Quirinale
Dove le prime tre righe, parzialmente modificabili, fanno da contorno all’ultima: la più importante, decisiva s’intende per le sorti dell’Italia e della democrazia.
Ora, sarebbe troppo facile ironizzare o polemizzare su D’Alema. Persino ingeneroso sarebbe, nei confronti  di un personaggio che – in un lontano passato – è stato piuttosto importante nella politica italiana... "sembra immortale, ma è come noi".
Semmai, viene da chiedersi perché il Corriere della Sera ritenga utile, interessante, persino necessario fare oggi questa intervista, dedicando all’irrilevanza politica di Massimo D’Alema un’intera pagina. Tutto questo in buona compagnia, coi telegiornali che ieri sera facevano a gara nel contendersi le parole di Giuliano Amato, papabile per Palazzo Chigi, per il Quirinale, fors'anche per il Soglio Pontificio...
Pensando a D'Alema e al triste conformismo fuori tempo massimo dell'informazione italiana, viene in mente la battuta di Aldo Fabrizi a uno spettatore che lo fischiava in continuazione dal loggione di un teatro: “Ma io nun me la pjo con te, me la pjo con quello di fianco che nun te butta de sotto”.

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