Poiché vedo che uno dei filoni
polemici più floridi, riguardo la tre giorni del Lingotto, è su Renzi che manca
di rispetto a quelli che salutano col pugno chiuso e cantano bandiera rossa,
ora vi racconto una storia. La storia comincia quando avevo dodici anni, facevo
i caffè al Festival de L’Unità e c’era il Partito Comunista Italiano. Ho
cominciato allora e ho proseguito per venticinque anni: nel PCI, poi nel Pds,
nei Ds, nel Pd. Ho fatto molte altre cose, qualcuna anche importante. E ho
continuato a fare i caffè.
In quei posti ho conosciuto molti
militanti, più anziani di me e più anziani di chi oggi rispolvera gesti e
canzoni del PCI. Quelli che ti dicevano, coi lucciconi agli occhi, “io sono
sempre comunista”, anche quando sentivano Occhetto o D’Alema spiegare quanto
fosse necessario allontanarci da una storia gloriosa, ma terminata. Quelli che,
per fare un complimento alla tua integrità o solidità di giovane politico e
amministratore, ti dicevano convinti: “Tu sei rimasto l’ultimo comunista!”
Li ho conosciuti e ho voluto loro
bene. Ho rispettato, non per condiscendenza o per compassione, la loro nostalgia.
L’ho rispettata perché era una nostalgia non priva di capacità autocritica, che
partiva dall’assunto della diversità del comunismo italiano rispetto alla
tragica esperienza del socialismo reale, ma non rifiutava di fare i conti con
la Storia. Molti di loro, semplicemente, si erano messi di lato: non sentendosi
protagonisti di quel tempo, lasciando fare ai più giovani. E continuando a
montare e smontare feste dell’Unità e a cuocere agnolotti.
Quei compagni, i pochi che sono
ancora tra noi, hanno almeno novant’anni. Chi oggi di anni ne ha settanta,
ha fatto la Bolognina da quarantenne. Chi è più giovane è arrivato allora, o
dopo. Sciogliere il PCI è stato il loro primo atto politico da adulti: una
delle poche cose buone che hanno fatto nella loro vita, anche se in modo
incompiuto e contraddittorio.
Per questa semplice ragione, nessuno
di loro ha oggi titolo per pretendere lo stesso rispetto - e nemmeno la
medesima condiscendente tolleranza che hanno riservato per trent’anni ai più
anziani nostalgici - se si mette a cantare bandiera rossa o a salutare col
pugno chiuso, come atto politico e rivendicazione di identità.
Sono quello che appaiono:
macchiette. E se si offendono, pazienza.
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